L’Evoluzione delle Misure Protettive nella Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa
25/06/2025
L’ordinanza del Tribunale di Rovigo del 9 aprile 2025 rappresenta un significativo tassello nell’evoluzione giurisprudenziale delle misure protettive previste dal Codice della crisi e dell’insolvenza, confermando la tendenza verso un’interpretazione sempre più estensiva degli strumenti cautelari a disposizione dell’imprenditore in crisi. La decisione si inserisce in un panorama normativo che ha fatto della tutela del going concern uno dei suoi obiettivi primari, attraverso l’implementazione di misure volte a preservare la continuità aziendale durante le delicate fasi di negoziazione con i creditori. Il caso affrontato dai giudici veneti presenta elementi di particolare interesse per la prassi professionale, poiché tocca uno dei nodi più critici della gestione della crisi d’impresa: il rapporto tra debitore e locatore dell’immobile in cui si svolge l’attività produttiva. La concessione della sospensione cautelare della procedura esecutiva di rilascio dell’immobile dimostra come il sistema delle misure protettive stia progressivamente ampliando il proprio raggio d’azione, abbracciando situazioni che, pur non rientrando nella tipologia classica dei rapporti creditore-debitore, possono incidere significativamente sulle prospettive di risanamento aziendale. L’articolo 19 del Codice della crisi e dell’insolvenza costituisce il fondamento normativo di questa evoluzione, prevedendo un sistema flessibile di misure protettive e cautelari che il tribunale può modulare in base alle specifiche esigenze del caso concreto. La norma, infatti, non si limita a tipizzare rigidamente gli strumenti a disposizione del giudice, ma consente l’adozione di “provvedimenti cautelari che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle future decisioni di omologa degli strumenti di risoluzione della crisi”. La valutazione operata dal Tribunale di Rovigo si è concentrata sui tradizionali requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, ma con un approccio che tiene conto delle peculiarità del diritto della crisi d’impresa. Il fumus è stato ravvisato nella ragionevole prospettiva di risanamento della situazione di squilibrio patrimoniale attraverso la prosecuzione dell’attività aziendale e il buon esito delle trattative in corso. Il periculum in mora, invece, è stato identificato nel rischio che l’esecuzione del rilascio potesse compromettere irreversibilmente la realizzabilità delle prospettive di risanamento, paralizzando la continuazione dell’attività d’impresa in una fase cruciale delle negoziazioni. Particolarmente significativa appare la considerazione del locatore non tanto nella sua veste di creditore, quanto piuttosto come terzo la cui posizione di vantaggio potrebbe pregiudicare gli interessi del ceto creditorio nel suo complesso. Questa impostazione riflette una visione sistemica della crisi d’impresa, in cui la tutela della continuità aziendale assume una valenza che trascende i singoli rapporti contrattuali per abbracciare l’interesse generale alla conservazione del valore dell’impresa. L’orientamento giurisprudenziale che emerge da questa decisione trova conferma in altre pronunce che hanno progressivamente ampliato l’ambito di applicazione delle misure protettive. La Corte d’appello di Venezia ha chiarito che la preclusione all’apertura della liquidazione giudiziale è subordinata alla pubblicazione nel registro delle imprese dell’istanza di applicazione delle misure protettive unitamente all’accettazione dell’esperto, sottolineando come l’imprenditore abbia l’onere di valutare tempestivamente la percorribilità di una soluzione negoziata della crisi. La giurisprudenza ha inoltre precisato che le misure protettive non si limitano a inibire le azioni esecutive e cautelari dei creditori, ma possono estendersi a situazioni più complesse che coinvolgono terzi. La Corte d’appello di Potenza ha stabilito che l’inibizione della pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento opera anche quando l’istanza sia proposta da un lavoratore creditore, confermando la prevalenza dell’interesse alla composizione negoziata della crisi rispetto alle iniziative individuali dei creditori. L’evoluzione delle misure protettive si inserisce in un contesto normativo che ha profondamente rinnovato l’approccio alla gestione della crisi d’impresa. L’articolo 18 del Codice della crisi prevede un sistema articolato di tutele che si attivano automaticamente dalla pubblicazione dell’istanza di composizione negoziata, creando uno “scudo protettivo” che consente all’imprenditore di condurre le trattative in un ambiente giuridicamente stabile. La prassi applicativa sta dimostrando come questo sistema di tutele possa essere ulteriormente potenziato attraverso l’utilizzo delle misure cautelari atipiche previste dall’articolo 54 del Codice. Questa norma consente al tribunale di emettere “i provvedimenti cautelari che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, offrendo uno strumento di grande flessibilità per affrontare le situazioni più complesse. L’approccio adottato dal Tribunale di Rovigo evidenzia come la valutazione delle misure cautelari debba necessariamente tenere conto del piano economico-finanziario proposto dal debitore e della sua coerenza con le misure richieste. Nel caso di specie, la previsione della continuità diretta dell’attività aziendale e dell’incremento dei margini di rendimento attraverso il potenziamento dei comparti produttivo e commerciale ha costituito il presupposto per ritenere giustificata la temporanea stabilità logistica del business. La decisione tocca anche il delicato tema del bilanciamento tra gli interessi in gioco. Il sacrificio temporaneo imposto al locatore trova giustificazione nella necessità di preservare le prospettive di risanamento dell’impresa, che potrebbero risultare compromesse dalla perdita dell’immobile in cui si svolge l’attività produttiva. Questo approccio riflette una concezione della crisi d’impresa che privilegia la ricerca di soluzioni concordate rispetto alla liquidazione atomistica del patrimonio del debitore. L’evoluzione giurisprudenziale in materia di misure protettive si inquadra nel più ampio processo di modernizzazione del diritto concorsuale italiano, che ha progressivamente abbandonato l’approccio punitivo tradizionale per abbracciare una filosofia orientata al salvataggio dell’impresa e alla tutela dei valori aziendali. Questo cambiamento di paradigma trova la sua massima espressione nella composizione negoziata della crisi, strumento che privilegia la ricerca di soluzioni condivise attraverso il dialogo tra debitore e creditori. La prassi applicativa sta dimostrando come l’efficacia di questo nuovo approccio dipenda in larga misura dalla capacità del sistema giudiziario di adattare gli strumenti processuali alle esigenze concrete della gestione della crisi. L’ordinanza del Tribunale di Rovigo rappresenta un esempio virtuoso di questa capacità di adattamento, mostrando come le misure cautelari possano essere modulate per rispondere alle specifiche caratteristiche del caso concreto. L’ampliamento del catalogo delle misure protettive non deve tuttavia far perdere di vista la necessità di mantenere un equilibrio tra le diverse posizioni in gioco. La giurisprudenza ha chiarito che le misure cautelari devono essere proporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori e devono essere funzionali al raggiungimento di un accordo con il ceto creditorio nel suo complesso. Questo principio di proporzionalità costituisce un limite importante all’espansione delle tutele, garantendo che l’interesse alla continuità aziendale non si traduca in un’indebita compressione dei diritti dei creditori. L’esperienza maturata nell’applicazione delle misure protettive evidenzia inoltre l’importanza di una corretta valutazione prognostica delle prospettive di risanamento. Il tribunale deve verificare non solo la sussistenza dei requisiti formali per la concessione delle misure, ma anche la ragionevole probabilità che le trattative in corso possano effettivamente condurre a una soluzione della crisi. Questa valutazione richiede un’analisi approfondita del piano economico-finanziario proposto dal debitore e della sua coerenza con le condizioni di mercato e le caratteristiche specifiche dell’impresa. La decisione del Tribunale di Rovigo si inserisce in un filone giurisprudenziale che sta progressivamente definendo i contorni applicativi delle misure protettive, contribuendo alla creazione di un corpus di precedenti che orienterà la prassi futura. L’evoluzione di questo orientamento giurisprudenziale sarà determinante per il successo del nuovo sistema di gestione della crisi d’impresa, che trova nella flessibilità e nell’adattabilità degli strumenti processuali uno dei suoi punti di forza principali.